Verso la felicità

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È curioso osservare quale ideale di felicità amino gli uomini
e in quali singolari posti essi cerchino la sua sorgente.
Alcuni la cercano nell’ammucchiare ricchezze, alcuni nella superbia
del potere, altri nelle conquiste dell’arte e della letteratura.
Pochi la cercano nell’esplorazione del loro spirito
o nel miglioramento della conoscenza.

Helen Keller

La ricerca della felicità può essere indirizzata verso il territorio esterno oppure verso i meandri della nostra interiorità, rivolgersi quindi alla sfuggente dimensione dello spazio-tempo o alla più stabile, benché maggiormente impegnativa, area della presenza nel qui ed ora.

La nostra società ci spinge molto verso l’esterno, verso una felicità basata su canoni esteriori, estetici, basati sull’avere. Una felicità che si fonda sul ruolo sociale raggiunto, su un’auto acquistata o su un riconoscimento ottenuto dall’esterno è palesemente fittizia e “passiva”: se l’essere felice dipende da qualcosa che si possiede, nel momento in cui l’oggetto viene meno, si smette di essere felice. In questo versante tutto il potere viene dato all’esterno, all’oggetto, all’altro e al suo giudizio, ecc.

Quando l’“avere” maschera una carenza di “essere”, la ricerca della felicità nel possesso diviene talvolta il modo per evitare di percepire il vuoto interiore. Sebbene questa sensazione di vuoto possa svanire per qualche momento, il vuoto resta sempre esattamente lì dov’è, pronto a rifarsi sentire, pronto a riemergere.

Questo tipo di felicità è quindi effimera, soggetta alle variazioni, peraltro inevitabili, del contesto, nello spazio e nel tempo.

Una felicità stabile, attiva, è una felicità che sboccia da dentro e che dipende dal soggetto che la vive, attraverso un’evoluzione che passa attraverso l’accettazione e il superamento di questo vuoto interiore.

Sicuramente non è una cosa facile, benché semplice, ma è indispensabile in quanto solo il cambiamento del mio modo di percepire la mia vita può davvero trasformare l’insoddisfazione in felicità. Questo è un cambiamento progressivo, spesso lento e graduale, che parte dalla superficie per raggiungere via via livelli sempre più profondi della psiche e dell’essere.

qui e ora

Da dove cominciare?

Benché io non creda che ci sia una formula definita ed unica per sentire e vivere la felicità, osservando coloro che sono felici, possiamo imparare qualche “trucco”. Numerosi studi sono stati condotti per capire come mai qualcuno riesce a vivere la felicità nella quotidianità con piccole azioni che riempiono il cuore e altri, pur compiendo azioni maestose e “famose”, non riescono mai a sentirsi felici.

Per cominciare quindi possiamo partire da tre fattori che sono facilmente osservabili e “immediatamente” modificabili:

1)      Il tuo corpo comunica all’esterno e all’interno le tue emozioni e i tuoi stati d’animo. È un circolo che può essere virtuoso: come assumi la tua postura. così ti sentirai ed avrai pensieri attinenti. Se osservi una persona soddisfatta la vedrai eretta, con lo sguardo rivolto dritto, sicuro e calmo, e col sorriso sulle labbra. Incomincia osservando la tua postura e impara cosa può comunicare e cerca di gestirla apportando qualche piccola modifica. È ovvio che non basta aprire le spalle per far passare una depressione, ma il cambiamento delle abitudini corporee è già un primo input per avviare il cambiamento interiore.

2)      Anche il linguaggio comunica sia all’esterno che all’interno: il nostro cervello non solo produce parole, ma ne è anche fortemente influenzato: impariamo ad essere attori della nostra vita, invece che spettatori passivi. Che differenza c’è tra il dire “DEVO andare a fare la spesa” e “VOGLIO andare a fare la spesa”? Nel primo ci sentiamo obbligati da qualche agente esterno, nel secondo siamo attori “attivi” che scelgono di fare qualcosa.

E prendiamoci quindi la responsabilità delle nostre azioni, responsabilità che è anche LIBERTA’: molte persone sono eccessivamente rivolte verso l’esterno, cioè attribuiscono la responsabilità della loro infelicità a qualcosa che sta fuori da loro. Quando invece riesco a sentirmi padrone del mio stato d’animo, padrone nel modo di vivere gli eventi (sui quali, ovviamente, ho ben poco controllo) posso avvicinarmi un po’ ad un tipo di felicità maggiormente “stabile” e basata su fattori interni.

3)      Così può cominciare a cambiare il mio sistema di credenze che influenza in modo impressionante la propria vita. Se credi di essere una vittima, impotente di fronte al destino, ciò influirà sulla forza e l’energia che metterai nel perseguire dei cambiamenti.

be-happyRicordiamoci che la felicità non e’ un’emozione “statica” ottenuta una volta per tutte, ma è uno stato “in divenire” che deve essere costantemente rinnovato nel qui ed ora.

Ovviamente una trasformazione totale del modo di vivere e vedere il mondo non è cosa da poco, non credo quindi che basti camminare a testa alta per aumentare la propria autostima, come non basta dire “voglio” per sentirsi pienamente padroni della propria vita, ma variare un piccola abitudine può essere l’inizio, un primo segno verso il mondo e verso se stessi della volontà di iniziare un cambiamento.

Il percorso verso se stessi è lungo, ci vuole tempo per riconoscere le proprie risorse e il proprio potere, ma ogni viaggio ha un inizio, e anche la tua metamorfosi vedrà l’inizio da una tua piccola, ma significativa, azione…

Tu quale hai scelto?

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  1. Fare il primo passo è sempre la cosa più difficile… Decidersi a passare all’azione necessita di cambiare un’abitudine mentale che è dura a modificarsi.
    Personalmente proverò con il corpo e modificherò la postura cercando di aprirmi maggiormente al mondo.
    Grazie dell’articolo che mi spinge al cambiamento!

  2. Anch’io ho iniziato dal corpo. Credo che sia il punto più facile da cui partire!
    E poi ho chiesto aiuto a mio marito: ogni volta che mi vede con la schiena incurvata e la bocca all’ingiù mi fa un gesto per ricordarmi di sorridere e aprire le spalle.

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