Il sorriso come pratica
Tratto da: Thich Nhat Hanh “Libero ovunque tu sia”, discorso tenuto al Penitenziario di Stato del Maryland, U.S.A. a cura dell’Associazione Essere Pace
Nell’esercizio “inspirando, sorrido” potreste chiedervi: perché dovrei sorridere se in me non c’è gioia? La risposta a questa domanda è: sorridere è una pratica.
Il vostro viso ha più di trecento muscoli: se siete arrabbiati o impauriti si tendono, e la loro tensione genera una sensazione di durezza. Se invece sapete come inspirare e fare un sorriso, la tensione scomparirà: è quello che io definisco “yoga della bocca”.
Fate del sorridere un esercizio: basta inspirare e sorridere per far scomparire la tensione e farvi sentire molto meglio.
Ci sono momenti in cui la gioia genera un sorriso; ci sono anche dei momenti in cui un sorriso dà rilassamento, calma e gioia. Io non aspetto di provare gioia per sorridere; la gioia verrà dopo. A volte, quando sono solo nella mia stanza, al buio, pratico il sorridere a me stesso. Lo faccio per essere gentile con me, per prendermi cura di me, per amarmi. So che se non so prendermi cura di me, se non mi so amare, non so prendermi cura di nessun altro.
Essere compassionevoli nei confronti di se stessi è una pratica molto importante. Quando sei stanco, arrabbiato o disperato, dovresti sapere come tornare a te stesso e prenderti cura della tua stanchezza, della tua rabbia e della tua disperazione. È per questo che pratichiamo il sorridere, il camminare, il respirare, il mangiare in consapevolezza.